Tra pochi giorni partirò per una nuova avventura in Africa. Mi accompagnano delle sensazioni difficili da definire, né chiaramente positive né negative, ma strane. Forse è l’effetto del ritrovare ciò che amo fare, quel senso di ritorno alle origini dopo tanto tempo trascorso in altre direzioni. È come se un filo invisibile mi legasse a questa terra e alle sue storie, storie che non possono essere raccontate in modo frettoloso, ma richiedono di essere vissute, anche solo per un istante.
Alla Scoperta dell'Africa: Tra Esperienze di Vita e Inchieste sul Campo
Ho diversi progetti in cantiere, ma uno in particolare sta prendendo forma grazie alla collaborazione con RCE. È un progetto audiovisivo ambizioso, nato dall’esigenza di dare voce a realtà spesso ignorate o raccontate solo a metà. E questo mi ha riportato a Castel Volturno, dove ho trascorso un mese raccogliendo testimonianze, storie e frammenti di vita quotidiana.
Tra le strade e le persone di questa comunità, ho scoperto un mondo fatto di contraddizioni e umanità, dove le esperienze di vita si intrecciano in modi spesso inaspettati. Ho collaborato con Operatori Sanitari nel Mondo, conoscendo da vicino il loro lavoro e interfacciandomi con individui dalle storie uniche. Persone che definirei “bizzarre” con affetto, perché ognuna porta con sé un’impronta di vita che lascia un segno, se si sa cogliere l’essenza nascosta dietro le apparenze.
In queste settimane mi sono chiesto spesso: perché fermarsi qui un mese intero? Perché non portare a termine tutto in una settimana, tra riprese, interviste e scatti fotografici? La risposta è arrivata giorno dopo giorno, in quelle ore passate a parlare con chi ha scelto di restare in questa terra difficile, o con chi ci è capitato per caso e ha trovato qui la propria ragione di vita. Restare significa immergersi, vivere quel contesto fino a sentirne le sfumature sottili, quasi impercettibili, che solo il tempo e l’empatia sanno rivelare.
Il cronista non è mai il protagonista della storia che racconta. Il suo ruolo è osservare, ascoltare e restituire una realtà che cambia continuamente, giorno dopo giorno. Ci piace raccontare il dolore e l’alterità, quegli sguardi che ci appaiono tanto lontani da noi eppure così affascinanti. Ma ieri, durante una lunga notte di riflessione insonne, mi sono chiesto: sono davvero autentici gli occhi che raccontiamo? O sono solo il riflesso delle nostre paure, delle nostre fantasie e del nostro bisogno di narrare il diverso?
Questo viaggio mi porterà lontano, ma non solo geograficamente. Il 13 ottobre si parte per l'Africa e il 20 dicembre sarò di ritorno in Italia, con un breve pit stop nella bellissima Napoli. So già che il viaggio mi lascerà sfinito e trascorrerò due giorni in hotel a dormire per recuperare. Ma ogni chilometro percorso, ogni momento vissuto tra le riprese e gli incontri, avrà un valore che andrà oltre la fatica.
Sono consapevole che il lavoro che mi aspetta non sarà semplice: sia nella scrittura che nel montaggio emergeranno le complessità di un racconto che non può essere ridotto a una narrazione convenzionale. Ma sento che ne varrà la pena. È una sfida, e ogni sfida è un’occasione per crescere, per migliorarsi, per avvicinarsi un po’ di più alla verità, per quanto sfuggente essa sia.
A chi mi ha accompagnato finora in questa avventura, va il mio più sentito grazie. Le persone da ringraziare sarebbero troppe, e non citerò nomi, ma sanno chi sono. E sanno che è anche grazie a loro se, oggi, sono pronto a partire, a rimettermi in gioco, a rispondere ancora una volta alla chiamata dell’Africa.
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