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RDC: Mercenari in fuga, il fallimento di una strategia militare

Immagine del redattore: Gerardo FortinoGerardo Fortino



Questa mattina, al confine tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, diverse decine di mercenari sono stati avvistati mentre venivano scortati dalle forze dell’ordine ruandesi verso l’aeroporto di Kigali per il loro rimpatrio.


Per due anni, questi combattenti, per lo più di nazionalità rumena, si erano stabiliti a Goma, reclutati da uomini vicini al presidente Félix Tshisekedi. Secondo diverse fonti, la loro retribuzione variava tra i 6.000 e i 10.000 dollari al mese, con ulteriori benefici tra cui alloggio, vitto e altre agevolazioni.


Tuttavia, quando domenica scorsa è stata annunciata l’avanzata dell’M23 su Goma, questi mercenari sono stati i primi a dichiarare la resa, sventolando bandiere bianche e rifiutandosi di combattere. Il paradosso è che erano stati assoldati proprio per difendere la città. Milioni di dollari sono stati spesi per finanziare uomini che, al momento della verità, non erano disposti a rischiare la propria vita per il Congo.


Questo episodio solleva interrogativi cruciali sulla strategia di sicurezza del Paese. Come affermava Niccolò Machiavelli ne Il Principe, l’uso dei mercenari è destinato al fallimento: nessuna nazione può affidare la propria difesa a stranieri mossi dal denaro piuttosto che da un autentico senso di appartenenza.


Di fronte a questa realtà, il popolo congolese è chiamato a trarre una lezione fondamentale: solo un esercito nazionale forte, unito e determinato può garantire la sovranità e l’integrità del Paese. Delegare la sicurezza a forze esterne non è una soluzione sostenibile, ma un rischio che il Congo non può più permettersi di correre.



 

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mercenari rumeni

 

Fonte: Benjamin Babunga Watuna: Director, Monitoring, Evaluation and Learning presso Save the Children US