Cammino tra cumuli di plastica che si estendono a perdita d’occhio, montagne di rifiuti che riempiono l’orizzonte. L’aria è pesante, impregnata di un odore acre che brucia la gola. Qui, a Dandora, la più grande discarica a cielo aperto di Nairobi, la plastica non è solo un rifiuto – è una condanna. I raccoglitori si muovono tra le onde tossiche di bottiglie, sacchetti, giocattoli e resti di ogni sorta, armati solo di una maschera improvvisata e la speranza di trovare qualcosa di valore. Loro, i guerrieri invisibili della spazzatura, combattono contro un nemico silenzioso e insidioso: la plastica, che soffoca la terra e avvelena i corpi.
Ogni giorno, uomini, donne e persino bambini scavano nelle profondità di questa discarica, un luogo in cui la speranza è un lusso. Questi raccoglitori, con mani callose e volti segnati dalla fatica, incarnano la lotta per la sopravvivenza in un mondo dominato dai rifiuti plastici. La plastica, che altrove è simbolo di progresso e convenienza, qui è una sentenza.
I dati Sconvolgenti sul Consumo di Plastica in Africa
I numeri parlano chiaro: tra il 1990 e il 2017, l’Africa ha importato circa 117,6 milioni di tonnellate di plastica, un peso che grava in modo devastante sul continente. Nel solo 2015, il consumo pro capite di plastica in Africa è stato stimato a 16 kg per abitante, con paesi come Nigeria, Egitto e Sudafrica in cima alla lista dei maggiori consumatori. Questi tre paesi, insieme ad Algeria, Marocco e Tunisia, hanno contribuito a quasi il 75% dell’intero consumo africano di plastica.
Il PIL gioca un ruolo significativo nel determinare il consumo di plastica, influenzando la capacità di importazione e il volume di rifiuti generati. Paesi economicamente più sviluppati, come il Sudafrica, consumano fino a 24,5 kg di plastica pro capite all’anno, rispetto ai 4,4-8 kg di paesi come Ghana e Kenya.
Le Voci della Resistenza – Betterman Simidi Musaia, John Chweya e David Azoulay
Betterman Simidi Musaia, attivista di Clean Up Kenya, lotta per sensibilizzare l’opinione pubblica sugli effetti devastanti dei rifiuti plastici sulle comunità più povere, come quelle di Dandora. "Ogni giorno vediamo l'ingiustizia", racconta.
"La plastica qui non è un bene di consumo, ma un nemico che ci toglie il diritto alla salute".
Betterman lavora instancabilmente per difendere i diritti di queste persone, portando alla luce la collusione tra istituzioni e criminalità nel gestire le discariche, una battaglia che pochi conoscono e ancora meno combattono.
Al fianco di Betterman c'è John Chweya, rappresentante dei raccoglitori di Dandora, che conosce ogni angolo della discarica come le sue tasche. "Non siamo invisibili", dice John.
"Siamo quelli che tengono in piedi questa città, che puliscono i rifiuti degli altri. Eppure, nessuno ci vede".
John raccoglie plastica fin dall'infanzia e ha visto gli effetti devastanti di questa industria nascosta, che consuma le vite dei lavoratori giorno dopo giorno.
A livello internazionale, la voce di David Azoulay, direttore del Programma di Salute Ambientale del Center for International Environmental Law (CIEL), denuncia il ruolo delle multinazionali e dei governi nella crisi della plastica. "Il problema della plastica in Africa non è solo locale", afferma Azoulay.
"È una conseguenza di un sistema globale in cui i paesi più ricchi esportano i loro problemi nei paesi più poveri".
Azoulay sottolinea come la plastica importata sia una sentenza per le comunità africane, condannate a convivere con i rifiuti dei consumi occidentali. Le sue parole sono un’accusa chiara alla collusione tra governi e aziende nella gestione dei rifiuti.
David Azoulay
Attività in Africa e Denuncia della "Colonizzazione dei Rifiuti"
In Africa, Azoulay ha portato avanti ricerche e campagne di sensibilizzazione per documentare gli impatti devastanti della plastica sulla salute pubblica e sull’ambiente. Nel contesto della discarica di Dandora, ha evidenziato come i rifiuti di plastica e altri scarti tossici vengano spesso esportati dai paesi industrializzati verso le nazioni in via di sviluppo, aggravando le condizioni di povertà e mancanza di risorse. Questa dinamica è spesso descritta come una "colonizzazione dei rifiuti", un processo in cui le nazioni più ricche trasferiscono i propri problemi ambientali a paesi con minori capacità di gestione dei rifiuti.
Azoulay e il CIEL si oppongono fermamente a questa prassi, collaborando con organizzazioni locali e attivisti per mettere in luce le conseguenze di tali politiche e promuovere un cambio di paradigma. Denunciano il fatto che molte aziende occidentali esportano plastica e altri materiali pericolosi in paesi africani, dove non ci sono sistemi di riciclaggio adeguati né infrastrutture per gestire questi rifiuti, aumentando così i rischi sanitari per le comunità.
La Lotta per una Normativa Internazionale sulla Plastica
Azoulay è tra i leader della campagna globale per una normativa internazionale più severa sulla plastica e sugli additivi chimici utilizzati nella sua produzione. Secondo Azoulay, la plastica non è solo una questione di rifiuti ma di diritti umani. La plastica, infatti, contiene sostanze chimiche tossiche che contaminano l’ambiente e, di conseguenza, finiscono per avvelenare persone e animali. Il CIEL ha documentato gli impatti negativi di queste sostanze, spesso utilizzate senza adeguate regolamentazioni nei prodotti di uso quotidiano e poi abbandonate in ambienti fragili, come le coste e i fiumi africani.
Azoulay e il CIEL sono stati tra i promotori del Patto Globale per la Plastica, sostenendo la necessità di una gestione più responsabile e sostenibile dei rifiuti plastici e degli additivi chimici associati. Hanno contribuito a sollevare il dibattito sul fatto che la plastica non è solo una questione ambientale ma anche una crisi di giustizia sociale, considerando che sono i gruppi più poveri e marginalizzati a subirne i maggiori danni.
Collaborazioni e Impatto Locale
David Azoulay collabora attivamente con attivisti locali e organizzazioni in vari paesi africani, sostenendo leader comunitari come Betterman Simidi Musaia e John Chweya, che combattono in prima linea contro la gestione criminale dei rifiuti in Kenya. Attraverso interviste, incontri pubblici e supporto legale, Azoulay amplifica la voce di questi attivisti, fornendo strumenti legali e conoscenze per contrastare i poteri economici e politici che traggono profitto dalla crisi dei rifiuti.
La Visione di Azoulay per il Futuro
Azoulay immagina un mondo in cui le multinazionali siano finalmente responsabili delle proprie azioni, specialmente quando queste compromettono la salute e il benessere di intere comunità. Sostiene la necessità di una transizione verso un’economia circolare, in cui i materiali vengano riutilizzati e riciclati anziché abbandonati. Azoulay auspica anche che venga applicato il principio del "chi inquina paga", affinché le aziende che generano grandi quantità di rifiuti plastici contribuiscano economicamente alla loro gestione sicura.
In sintesi, David Azoulay è un portavoce globale per le comunità che subiscono le conseguenze dell'inquinamento da plastica e dei rifiuti tossici. La sua determinazione e il suo impegno hanno fatto sì che questioni come quelle della plastica e della giustizia ambientale siano al centro dell’agenda internazionale. Azoulay e il CIEL continuano a spingere per politiche più severe, collaborazioni locali e un cambiamento culturale che veda nella plastica non solo un rifiuto, ma una responsabilità collettiva.
Rapporto: Ensuring sustainability in plastics use in Africa: consumption, waste generation, and projections
Totale: Popolazione 856,671,366; Plastica in forma primaria: 86,142,982 tonnellate; Plastica come prodotto: 31,503,082 tonnellate; Plastica totale: 117,646,056 tonnellate; Valore approssimativo: 194,589.9 milioni di USD.
Fonte della popolazione: Answers Africa [30]
Il valore approssimativo è basato sui dati riportati nel database Comtrade
Le Fonti Principali di Importazione di Plastica
In Nigeria, i principali materiali plastici importati includono polimeri primari e prodotti di plastica finiti, che insieme ammontano a oltre 15,8 milioni di tonnellate per i polimeri e 4 milioni di tonnellate per i prodotti finiti. Tra le importazioni più significative vi sono i materiali per imballaggi e articoli per la casa come utensili da cucina, tavoli e sedie. Tuttavia, anche veicoli ed elettronica costituiscono una grossa fetta di queste importazioni, con 2,9 e 2,6 milioni di tonnellate rispettivamente. Questi prodotti, che non rientrano sotto un codice specifico per la plastica, aumentano in modo invisibile e preoccupante il peso della plastica in Africa.
Le Incertezze e i Limiti dei Dati
Uno dei problemi fondamentali con i dati sulle importazioni di plastica è l’incertezza. Il database UN Comtrade, utilizzato per tracciare i flussi commerciali globali, si basa principalmente su informazioni monetarie piuttosto che su pesi fisici, lasciando spazio a possibili errori e sottostime. Inoltre, il commercio illegale e i traffici non regolamentati – specialmente attraverso aree come l’ECOWAS – sfuggono spesso alle statistiche nazionali. Questi flussi sommersi contribuiscono in modo incalcolabile all'accumulo di plastica, specialmente nei paesi in via di sviluppo.
Produzione Locale di Plastica in Africa e Sfide per il Futuro
Negli ultimi 50 anni, il Sudafrica è diventato uno dei pochi paesi africani con una produzione interna significativa di plastica. Dal 1966, il paese ha sviluppato una vera e propria industria della plastica, grazie anche al contributo dell’azienda Sasol. Tra il 2009 e il 2015, la produzione di plastica in Africa ha raggiunto 15,9 milioni di tonnellate, con il Sudafrica in testa con 9 milioni di tonnellate, seguito dall’Egitto e dalla Nigeria. Tuttavia, la maggior parte dei prodotti plastici consumati in Africa continua a essere importata, con pochissimi paesi in grado di esportare una parte significativa della loro produzione locale.
Le Conseguenze Devastanti della Plastica nei Paesi Africani
La plastica non è solo un problema estetico, è una minaccia mortale per le comunità africane. Secondo le stime, circa il 79% dei rifiuti plastici finisce nelle discariche o si accumula nell’ambiente, dove persiste per secoli. Solo una minima parte di questi rifiuti viene effettivamente riciclata o incenerita. Questo significa che miliardi di tonnellate di plastica sono destinate a restare, a contaminare il suolo, le acque e l’aria. Le conseguenze ecologiche sono devastanti, con un impatto significativo sugli ecosistemi terrestri e acquatici.
A Dandora, i raccoglitori lottano ogni giorno contro questo nemico invisibile. Respirano tossine, toccano materiali contaminati, sopportano condizioni di vita inimmaginabili. Sono loro a pagare il prezzo più alto per un problema globale, trasformando la plastica – un materiale apparentemente innocuo – in una questione di vita o di morte.
Conclusione: RawFacts come Testimone della Crisi Plastica in Africa
La crisi della plastica in Africa è una bomba a orologeria. Le previsioni suggeriscono che, senza un piano di gestione dei rifiuti adeguato, l’Africa potrebbe accumulare oltre 164,7 milioni di tonnellate di plastica nel prossimo decennio. Le immagini di Dandora, i volti dei raccoglitori e il peso dei dati raccontano una storia che non può più essere ignorata.