La Storia di Sara e le Vittime della Droga: Un Grido che Risuona nel Silenzio
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Da quando sono tornato dal Congo, continuo a ripensare a tutte le persone che ho fotografato laggiù. Ognuna di loro è morta, chi assassinato, chi di malnutrizione, chi lentamente scomparso nella polvere dell’oblio. Non c’è più nessuno di quei volti: esistenze stroncate, cancellate, dimenticate da un mondo che sembra non aver mai saputo della loro esistenza. E, se ci fermiamo un attimo, la domanda emerge: chi li conosceva? Chi si ricorda di loro?
Molti diranno: “Non li conoscevamo, non ci appartenevano.” Ed è vero. Ma è anche questa la tragedia. Loro non sono solo vittime di guerre lontane, di carestie o di epidemie, sono vittime del nostro Occidente, della nostra fame insaziabile di consumo. Ci sono uomini, donne e bambini che muoiono perché noi non sappiamo più cosa sia la compassione, l’empatia. Conosciamo il mondo, sì, abbiamo mappe precise, voli intercontinentali, internet veloce. Ma dentro di noi? Abbiamo imparato poco o nulla. Siamo criceti su una ruota, divisi dal caso: chi nasce ricco, chi nasce povero, chi nasce e muore senza avere mai davvero vissuto. Per il sistema, siamo solo carte di credito, macchine per spendere in oggetti inutili, prodotti sporchi di sangue, il sangue di quei bambini che giuriamo di proteggere e che invece sfruttiamo come slogan per una donazione, un selfie solidale da pubblicare.
E poi, tornato a casa, c’è la storia di Sara, una donna morta sola, al gelo, tra le mura di Castel Volturno. Lei non l’ho fotografata, ma l’ho intervistata per un documentario sulla mafia nigeriana, sulla ONG impegnata sul campo. Quegli operatori sanitari, li ho visti all’opera, ho ammirato il loro sforzo concreto: hanno salvato vite, hanno tentato di salvare anche quella di Sara. Ma non è bastato. Lei è morta con il suo grido inascoltato, sepolto nel rumore di un Paese intento a festeggiare l’Immacolata, a riempire le tavole, a dimenticare tutto ciò che non risulti utile a nutrire il proprio ego.
I Dati della Droga in Italia: Una Tragedia Che Non Si Ferma
La tragedia di Sara non è un caso isolato. La droga è un flagello che colpisce senza sosta, e i numeri ne sono la prova. Nel 2023 le indagini forensi hanno registrato 822 decessi correlati alla droga, con un incremento del 5,4% rispetto al 2022. Circa 8.596 persone hanno avuto accesso ai pronto soccorso per overdose o complicazioni da sostanze, e il 12% di questi casi ha richiesto un ricovero prolungato. Sono numeri che danno un volto a storie di disperazione, a vite spezzate nel silenzio.
Nel 2023, in Italia, sono stati sequestrati 19.827 kg di cocaina, con un episodio eclatante: il maxi sequestro di 5 tonnellate a Porto Empedocle, dal valore stimato di un miliardo di euro. Sebbene si sia registrato un calo del 25% rispetto al 2022, la pericolosità non diminuisce: la cocaina in circolazione è più pura e letale. Parallelamente, la cannabis resta la droga più diffusa, ma cresce l’uso di droghe sintetiche acquistate sul dark web, mentre il consumo di cocaina tra i giovani under 20 aumenta in modo allarmante.
Guardando verso il 2024, i dati preliminari e le proiezioni degli enti preposti al monitoraggio segnalano tendenze preoccupanti:
Aumento delle overdosi da oppiacei sintetici: si registra già un +7% nei primi mesi dell’anno, complice l’arrivo di nuove sostanze tagliate con fentanyl e suoi analoghi.
Incremento degli interventi di emergenza: nel primo trimestre del 2024, i pronto soccorso di alcune regioni del Nord Italia hanno visto un +10% di accessi legati alle droghe rispetto allo stesso periodo del 2023.
Espansione delle reti criminali transnazionali: le mafie nigeriane, sudamericane ed europee collaborano sempre più nell’importazione di cocaina, eroina e metanfetamine ad alta purezza, alimentando mercati urbani e periferici.
Calo dei prezzi e aumento della disponibilità: con l’ingresso massiccio di nuove droghe sintetiche a basso costo, i consumatori più giovani risultano ancora più vulnerabili, abbattendo la soglia d’accesso all’abuso.
Queste cifre non sono dati astratti. Sono il riflesso di un fallimento collettivo nel comprendere la sofferenza e il vuoto che si nasconde dietro ogni dose, ogni siringa, ogni confezione di pillole venduta di nascosto. Viviamo in un sistema in cui la miseria diventa merce, e la morte un dettaglio logistico.
Fonti
In Congo, un bambino moriva invocando il suo cibo terapeutico – “Pumply, pumply!” – e qui in Italia Sara se n’è andata senza un paio di scarpe, nel silenzio. Quelle vite invisibili sembrano non valere nulla se non come immagine: un fotogramma da mostrare per guadagnare like, una storia da raccontare per sentirci buoni, un post da condividere per lavarci la coscienza. E così ci autoassolviamo, ci imbellettiamo di buone intenzioni, ma siamo stupratori del dolore, assassini travestiti da salvatori. Sfruttiamo la miseria, la sofferenza e la morte per un momento di notorietà, per un palcoscenico.
Sara, nel suo ultimo messaggio, aveva ragione: facciamo tanta informazione, ma il succo non arriva. Dovremmo porci una domanda: siamo davvero dalla parte giusta o stiamo solo recitando una parte? Sara è morta sola, come il bambino in Congo. Possiamo davvero continuare a ignorare questi richiami senza vedere che, in fondo, siamo tutti uniti da un filo invisibile? Un giorno potremmo cadere anche noi, toccare il fondo, e una mano tesa allora non guasterebbe.
Che il ricordo di Sara, e di tutti quei volti persi nel tempo, possa scuoterci dall’indifferenza e trasformare la nostra corsa a vuoto in un cammino più umano.
RawFacts è più di un progetto. È un grido d'allarme. È il volto dei dimenticati, dei raccoglitori di Dandora, dei bambini che giocano tra i rifiuti e degli ecosistemi che lottano per sopravvivere. Non possiamo permetterci di voltare lo sguardo.
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