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Immagine del redattoreGerardo Fortino

La Mafia Nigeriana: Una Rete Criminale Tra Tradizione e Modernità


Mafia Nigeriana

Mafia Nigeriana: Tra Tradizione e Crimine Organizzato nel 2024


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Negli anni Novanta, la criminalità organizzata nigeriana iniziò a emergere in modo netto, consolidandosi progressivamente fino a essere riconosciuta come una delle più potenti reti criminali transnazionali. Dal 2006, alcune procure italiane hanno cominciato a trattare gruppi specifici come "associazioni mafiose", un riconoscimento giuridico che conferisce loro lo stesso status delle organizzazioni autoctone italiane. Oggi, nel 2024, la definizione "mafia nigeriana" è divenuta parte integrante del linguaggio della cronaca, della politica e delle analisi criminologiche. Tuttavia, l’uso indiscriminato di questo termine rischia di appiattire la complessità del fenomeno, spesso mescolando organizzazioni strutturate con piccoli gruppi di criminalità comune.


Tra i nomi più noti associati alla mafia nigeriana vi sono i Black Axe, gli Eiye, i Maphite e i Vikings, confraternite universitarie nate in Nigeria con l’intento iniziale di combattere le discriminazioni e gli abusi di potere durante e dopo il periodo coloniale. Questi gruppi, ispirati a modelli delle società segrete occidentali, hanno però perso la loro missione originaria, trasformandosi nel tempo in organizzazioni violente e criminali. La diaspora nigeriana ha permesso loro di diffondersi globalmente, espandendo le loro attività in ambiti come la tratta di esseri umani, il traffico di droga e il riciclaggio di denaro.


In Italia, queste reti criminali hanno ricevuto l’etichetta di "mafia", una denominazione che non è stata ufficialmente attribuita in altri paesi. Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, ex procuratore nazionale antimafia, in un’audizione parlamentare del 2019, affermò:

“La criminalità nigeriana è oggi una delle più forti, con articolazioni presenti in quasi tutte le regioni italiane e ramificazioni internazionali”.

Quattro anni dopo, questa dichiarazione resta attuale: le organizzazioni nigeriane continuano a operare con metodi sofisticati e con una capacità di adattamento che le rende estremamente difficili da contrastare. Ma le prime vittime restano i membri della stessa comunità nigeriana, in particolare le donne, spesso ridotte in condizioni di schiavitù.


Un Gigante dai Contrasti Profondi


La Nigeria, con oltre 220 milioni di abitanti nel 2024, è lo Stato più popoloso dell’Africa e uno dei più giovani al mondo, con un’età media di appena 19 anni. Nonostante la ricchezza derivante dalle sue risorse naturali, soprattutto il petrolio, il paese resta intrappolato in una spirale di instabilità politica, corruzione e disuguaglianze economiche. Con un reddito medio pro capite di circa 2.100 dollari all’anno, la povertà colpisce ampi segmenti della popolazione, spingendo molti a cercare fortuna altrove.





Il tasso di crescita demografica, tra i più alti al mondo, ha portato gli esperti a stimare che entro il 2050 la Nigeria potrebbe diventare la quarta nazione più popolosa del pianeta, superando i 400 milioni di abitanti. Questa pressione demografica, combinata con l’assenza di opportunità, ha alimentato migrazioni di massa e creato un bacino di vulnerabilità per le reti criminali, che sfruttano sia la povertà che la disperazione.


L'importanza delle Confraternite Studentesche: Tra Storia e Degrado


Wole Soyinka
Wole Soyninka

La Nigeria, un tempo frammentata in regni e imperi tribali, è stata a lungo al centro delle mire coloniali europee. Le sue risorse naturali e la sua posizione strategica l’hanno resa un punto di partenza cruciale per la tratta degli schiavi verso le Americhe. Nel 1914, la regione fu formalmente unificata sotto il controllo britannico, diventando una colonia. Questo periodo di dominazione si concluse solo il 1° ottobre 1960, quando la Nigeria ottenne l’indipendenza. Tuttavia, il paese non ha mai trovato una stabilità duratura, attraversato da colpi di Stato militari, una sanguinosa guerra civile (la guerra del Biafra), e scontri etnico-religiosi alimentati anche dalla presenza di gruppi estremisti come Boko Haram.


Nel mezzo di questa instabilità, alla metà del Novecento, le università nigeriane divennero incubatrici di movimenti di resistenza culturale. Le confraternite studentesche segrete, note come cults, nacquero come risposta diretta alla cultura coloniale europea, considerata oppressiva e razzista. Nel 1952, presso l’Università di Ibadan, il primo ateneo nigeriano fondato dalla University of London, sette studenti formarono la Pyrates Confraternity (anche nota come National Association of Seadogs). Tra i fondatori vi era Wole Soyinka, futuro premio Nobel per la letteratura nel 1986. La loro missione era combattere le disuguaglianze e promuovere l’uguaglianza in un sistema accademico dominato dalle élite nigeriane legate al potere coloniale britannico.


Col tempo, altre confraternite emersero, tra cui la Supreme Eiye Confraternity nel 1963, fondata sempre a Ibadan, e il Neo Black Movement of Africa (noto come Black Axe) nel 1977 presso l’Università del Benin. Quest’ultimo gruppo si concentrava sulla lotta contro le discriminazioni razziali e la rivendicazione dell’orgoglio nero. Tuttavia, già negli anni ’70, le confraternite iniziarono a degenerare. Le rivalità interne, alimentate dalla competizione per il potere, e l’ingerenza dei governi militari trasformarono queste organizzazioni in strumenti di oppressione violenta. I regimi militari, per mantenere il controllo sugli studenti e soffocare i movimenti per la democrazia, fornirono armi e denaro ai cults, contribuendo alla loro evoluzione in reti criminali.





La Trasformazione Criminale


Con il ritorno a un governo civile nel 1998, molti speravano in un declino della violenza legata alle confraternite. Tuttavia, queste organizzazioni trovarono nuovi scopi, alleandosi con partiti politici per fornire servizi di sicurezza o diventando attori centrali nella violenza politica. Nel 1999, i Black Axe si resero responsabili di una strage all’Università di Ife-Ife, uccidendo cinque rappresentanti studenteschi. Nel 2001, sotto la pressione della comunità internazionale, il governo nigeriano approvò il Secret Cult and Secret Society Prohibition Bill, vietando la creazione e la partecipazione a queste confraternite. Le pene includevano la reclusione, ma l’impatto della legge fu limitato: tra il 2006 e il 2014, si stima che le attività dei cults abbiano causato almeno 1.863 morti, secondo l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo.


L'intervista Esclusiva a un Ex Membro della Mafia Nigeriana!



La Diffusione Globale


Oggi, nel 2024, i cults hanno superato i confini nigeriani, sfruttando le migrazioni per espandere la loro influenza su scala globale. La diaspora ha fornito una base per l’estensione delle loro attività criminali, che includono la tratta di esseri umani, il traffico di droga e il riciclaggio di denaro. Queste organizzazioni hanno trasformato la loro struttura in reti transnazionali che operano con metodi sofisticati, spesso mascherati da legittime comunità migranti.


Nonostante le leggi repressive, la resilienza e la capacità di adattamento di queste confraternite dimostrano che non sono solo un problema locale, ma una sfida globale. La lotta contro di loro richiede uno sforzo coordinato tra paesi, accompagnato da interventi culturali e sociali che affrontino le cause profonde della loro esistenza.


Le Proteste Contro la Polizia e la Comunità Nigeriana in Italia


Nel 2020, migliaia di cittadini nigeriani sono scesi in piazza per denunciare gli abusi e le violenze perpetrati dalle forze di polizia nel paese. Queste manifestazioni, alimentate dal movimento #EndSARS, hanno acceso i riflettori internazionali sulla brutalità sistemica dell’unità speciale anti-rapina (SARS), che da anni operava con impunità. Le proteste hanno rappresentato una reazione a decenni di ingiustizie e al fallimento delle istituzioni nel proteggere i cittadini.



La Comunità Nigeriana in Italia


Secondo i dati aggiornati al 31 dicembre 2019, i cittadini nigeriani residenti regolarmente in Italia erano 117.809, pari al 2,2% della popolazione straniera censita. Le comunità si concentrano prevalentemente in regioni come Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte, con significative presenze anche in Campania e Sicilia. Tuttavia, la comunità nigeriana affronta molte sfide: tra tutte, il più alto tasso di disoccupazione rispetto ad altre comunità extracomunitarie, secondo un rapporto del Ministero del Lavoro del 2018.


Nonostante le difficoltà economiche, le rimesse inviate in Nigeria sono impressionanti: quasi 75 milioni di euro nel solo 2018, una cifra che raddoppia rispetto al 2016, secondo la Banca d’Italia. Tuttavia, la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) sospetta che una parte di questi fondi possa derivare da attività illegali, rendendo necessario un attento monitoraggio.


Su questa parte leggi questo articolo sui fondi in Africa - Clicca QUI


La Presenza della Criminalità Nigeriana in Italia


Il fenomeno della criminalità organizzata nigeriana è emerso in Italia alla fine degli anni Novanta, in un periodo in cui il dibattito pubblico già associava la crescita della criminalità comune all’immigrazione irregolare. Già nella relazione annuale del Parlamento del 1997, i servizi segreti segnalavano una forte presenza della criminalità nigeriana, accanto a gruppi stranieri come quelli russi e cinesi.





Nel 2001, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, nella relazione parlamentare, descriveva la criminalità nigeriana come diffusa nel Nord Italia e in Campania, con attività focalizzate sulla tratta di esseri umani, il traffico di droga e lo sfruttamento della prostituzione. Il riciclaggio di denaro veniva effettuato attraverso esercizi commerciali etnici e rimesse ai familiari. Un elemento distintivo, sottolineato dal Ministero dell’Interno, era l’uso dell’intimidazione psicologica tramite riti magici come il Juju, utilizzati per mantenere il controllo sulle vittime.


Nel 2001, la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) avviò il progetto investigativo "Juju", mirato a studiare le connessioni tra i riti occulti e la criminalità nigeriana. Dalle analisi emergeva che la maggior parte dei migranti nigeriani cercava opportunità di lavoro, ma una minoranza era già collegata a reti criminali nel paese di origine e intendeva sfruttare il territorio italiano per espandere i propri traffici.


L’Evoluzione delle Indagini e delle Condanne


Nel corso degli anni Duemila, il fenomeno ha acquisito maggiore visibilità. Tra il 2005 e il 2006, le Direzioni Distrettuali Antimafia di Torino e Brescia hanno condotto operazioni contro i Black Axe e gli Eiye, portando alle prime contestazioni di associazione mafiosa ai sensi dell’articolo 416-bis del codice penale. Questi processi hanno avuto conferme fino in Cassazione nel 2010, stabilendo una giurisprudenza importante. Tuttavia, non tutti i procedimenti giudiziari hanno portato a condanne per mafia; in alcuni casi, le accuse sono state ridotte ad associazione a delinquere semplice (art. 416 c.p.).


Negli anni successivi si sono affermate due organizzazioni di spicco, i Maphite e i Vikings, insieme a gruppi minori come i Bucaneers, operativi nel ghetto di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, e gli Aye. La loro presenza si estende dal litorale domitio in Campania fino alle città industriali del Nord Italia, come Torino e Brescia, ma anche a Ferrara, Perugia, L’Aquila, Cagliari, Catania e perfino Palermo. “Questi gruppi si muovono con il metodo mafioso”, spiegava Cafiero De Raho, sottolineando che

“il metodo mafioso viene applicato soprattutto all’interno della loro stessa comunità, per esercitare un controllo stretto sui propri membri”.

Struttura e Riti di Affiliazione


Le indagini degli ultimi quindici anni hanno evidenziato tratti comuni tra i vari cults, che si distinguono per una struttura gerarchica ben definita e per ruoli chiari all’interno delle organizzazioni. In molti casi, l’adesione non è volontaria, ma viene imposta attraverso riti di iniziazione che mescolano pratiche massoniche e tradizioni tribali. Ad esempio, entrare negli Eiye richiede di bere un miscuglio contenente sangue, mentre l’affiliazione ai Black Axe prevede un rito in cui il candidato deve sdraiarsi in un’area circondata da candele disposte a forma di bara. Le cerimonie dei Maphite spesso includono atti di violenza, come pestaggi rituali o fustigazioni.


Ogni membro è obbligato a pagare una quota annuale, una sorta di “tassa” destinata a coprire le spese legali dei membri arrestati e a sostenere economicamente le loro famiglie, seguendo un modello simile a quello delle mafie tradizionali italiane. I gruppi utilizzano spesso un linguaggio in codice e simboli distintivi durante le cerimonie ufficiali: azzurro per gli Eiye, giallo per i Black Axe, verde per i Maphite e rosso per i Vikings.




Traffico di Donne e Metodi Coercitivi


Molte donne, principalmente provenienti dalla città di Benin e dalle aree circostanti nello stato di Edo, vengono reclutate da donne conosciute come "maman" con la promessa di un lavoro dignitoso in Europa. Tuttavia, una volta arrivate, queste vittime vengono costrette a prostituirsi attraverso pratiche subdole, tra cui l’uso di rituali magici conosciuti come Juju. Questa pratica, originaria della cultura del popolo Yoruba, prevede un giuramento che vincola la donna alla sua sfruttatrice, pena presunte gravi conseguenze sovrannaturali, inclusa la morte dei propri cari. Il denaro guadagnato viene destinato non solo a ripagare il costo del viaggio, ma anche a coprire spese come vitto e alloggio, mantenendo le vittime in una spirale di debiti.


Il Ruolo dell'Oba di Benin nella Lotta alla Tratta di Esseri Umani


Oba of Benin
Oba of Benin

La figura dell’Oba di Benin, attuale Ewuare II, è emblematica per comprendere il legame tra tradizione e modernità in Nigeria. Questo sovrano, che rappresenta una delle più antiche monarchie tradizionali del continente africano, riveste un ruolo spirituale di enorme rilevanza, in particolare tra gli Edo, il gruppo etnico predominante nell’antico Regno del Benin, oggi stato di Edo, in Nigeria.


Nel marzo 2018, Ewuare II ha emesso un editto storico che ha segnato un importante punto di svolta nella lotta contro il traffico di esseri umani e la tratta di giovani donne destinate alla prostituzione. Il sovrano ha ufficialmente revocato i riti di giuramento legati al traffico di esseri umani, un atto simbolico ma potente che ha messo in discussione una pratica ancestrale spesso distorta a fini criminali. I riti del Juju, infatti, erano utilizzati dai trafficanti come strumento di coercizione psicologica, legando spiritualmente le vittime ai loro sfruttatori e impedendo loro di ribellarsi per paura di ritorsioni soprannaturali.


Con l’editto, Ewuare II ha condannato pubblicamente questi abusi del sistema tradizionale, riaffermando che i riti non possono e non devono essere usati per perpetrare crimini contro l’umanità. Ha inoltre ordinato agli stregoni e ai sacerdoti locali di spezzare i vincoli spirituali delle vittime che avevano subito tali giuramenti, liberandole così dal controllo psicologico imposto dai loro aguzzini. Questo gesto, applaudito sia a livello locale che internazionale, ha rappresentato un esempio concreto di come le autorità tradizionali possano giocare un ruolo cruciale nella lotta contro le reti criminali.


L’editto di Ewuare II ha scatenato un dibattito acceso in Nigeria, evidenziando la tensione tra la necessità di preservare la cultura e il dovere di combattere le sue distorsioni. La sua azione ha dimostrato come la tradizione, quando ben interpretata, possa essere uno strumento di emancipazione, piuttosto che di oppressione. Inoltre, l’editto ha suscitato speranza per migliaia di donne vittime della tratta, offrendo loro una possibilità di riscatto e una nuova consapevolezza dei loro diritti.


Questo episodio storico sottolinea non solo il coraggio dell’Oba di Benin nel confrontare le sfide contemporanee, ma anche la complessità di un fenomeno che intreccia spiritualità, tradizione e crimine. La lotta contro la mafia nigeriana non può essere separata da questi contesti culturali, e la figura di Ewuare II dimostra che il cambiamento è possibile anche quando radicato nelle istituzioni più antiche.


Favorire l’Immigrazione Clandestina


Il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è una delle attività cardine di queste organizzazioni. Le reti criminali pianificano e gestiscono i viaggi dei migranti, spesso esponendoli a condizioni disumane e pericolose durante il tragitto, che attraversa deserti e rotte marittime rischiose.


Traffico di Droga e Tecniche di Trasporto


Le organizzazioni nigeriane sono altamente attive nel traffico di droga, sia a livello internazionale sia locale. Utilizzano il cosiddetto "metodo della formica" o "a grappolo", che prevede l’impiego di numerosi corrieri umani, detti bodypackers o "ovulatori", i quali ingeriscono piccole dosi di stupefacenti nascondendole nel loro stomaco. Questo sistema consente di distribuire il rischio tra molti individui, riducendo le perdite in caso di intercettazioni.


Frodi Informatiche e Sfruttamento del Lavoro


Le truffe online, spesso note come "truffe del principe nigeriano", rappresentano un altro pilastro delle attività illecite. Attraverso sofisticate campagne di phishing, le organizzazioni ingannano le vittime promettendo guadagni facili o eredità inesistenti, estorcendo denaro con metodi ingannevoli.


Nel settore dello sfruttamento del lavoro, i gruppi nigeriani si distinguono nel caporalato e nell’accattonaggio forzato, costringendo persone vulnerabili a lavorare in condizioni disumane o a mendicare, con i proventi che finiscono nelle mani delle organizzazioni.


Riciclaggio di Denaro


Il riciclaggio dei proventi illeciti avviene tramite attività economiche di facciata, come negozi etnici o rimesse verso il paese di origine. Questi canali servono non solo a mascherare l’origine del denaro, ma anche a finanziare ulteriormente le attività criminali.


Collaborazioni con Altri Gruppi Criminali


Le indagini hanno rivelato che le organizzazioni nigeriane spesso collaborano con gruppi criminali locali per spartirsi i territori e le attività illecite. In Campania, lungo il litorale Domizio, le reti nigeriane hanno ottenuto autonomia operativa nello sfruttamento della prostituzione e nel traffico di stupefacenti, talvolta collaborando con la camorra per la gestione di reati minori.


Tuttavia, i conflitti non sono mancati: episodi di violenza risalgono al 1986, quando i clan camorristici iniziarono a colpire cittadini africani per affermare il loro predominio. Il massacro del 24 aprile 1990 a Pescopagano, dove furono uccise cinque persone da un commando del clan La Torre, o l’episodio del 18 settembre 2008, con l’uccisione di sei cittadini ghanesi da parte del gruppo Setola, sono esempi emblematici.





Strategie di Convivenza e Sinergie


Un altro esempio di convivenza strategica è emerso a Palermo, dove le famiglie mafiose del mandamento Porta Nuova hanno concesso agli affiliati nigeriani un ruolo autonomo nel traffico di droga e nello sfruttamento della prostituzione nel quartiere Ballarò. Secondo le indagini, questa collaborazione ha evitato conflitti violenti e dimostrato la capacità della mafia nigeriana di adattarsi a contesti criminali preesistenti.


Anche nel Nord Italia, in regioni come il Triveneto, si registra una coesistenza tra le reti nigeriane e quelle albanesi, in particolare nello sfruttamento della prostituzione. Questa "non belligeranza", talvolta accompagnata da vere e proprie sinergie, conferma la flessibilità strategica delle organizzazioni nigeriane.


La Mafia Nigeriana nei Discorsi Politici


Nel contesto politico italiano, la mafia nigeriana è spesso usata come strumento retorico per sostenere posizioni anti-migranti. Partiti come Fratelli d’Italia hanno enfatizzato il fenomeno, chiedendo interventi straordinari come tribunali speciali e l’impiego dell’esercito in zone particolarmente colpite, come Castel Volturno. Tuttavia, queste narrative rischiano di alimentare stereotipi e di distorcere la complessità del problema, ignorando le dinamiche globali e locali che lo alimentano.


 

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