Conflitti Armati nel Mondo: Un Panorama Sconfortante
Conflitti Armati nel Mondo: Attualmente, il mondo è scosso da numerosi conflitti armati. Secondo l'Uppsala Conflict Data Program (UCDP), nel 2023 si sono registrati 59 conflitti che hanno coinvolto stati, il numero più alto mai registrato dal 1946. Inoltre, vi sono stati nove conflitti classificati come guerre, con più di 1.000 morti all'anno, la maggior parte dei quali si è verificata in Africa, inclusi i conflitti in Sudan e la guerra in Ucraina e Israele/Palestina. Complessivamente, nel 2023 sono state registrate circa 154.000 vittime di violenze organizzate, un calo rispetto all'anno precedente, ma comunque uno dei numeri più alti mai registrati dal 1989. I conflitti non statali, spesso tra gang e cartelli, hanno causato 20.900 morti, concentrati principalmente in America Latina.
Riflettere sulla Nostra Umanità
Ti starai chiedendo a cosa serva tutto questo. Hai ricevuto l'ennesimo WhatsApp di questo reporter che, di sera, ti disturba con i suoi articoli, mentre tu hai avuto la tua giornata di lavoro, carica di emozioni e stress. Forse le cose non vanno come dovrebbero, o semplicemente hai avuto una di quelle giornate. Questo articolo nasce da un pensiero: forse l'essere umano è la malattia e la pandemia la cura. Perché non dovrei pensarlo? Non ho mai letto un libro di storia che parli di pace, o in cui non ci siano stati conflitti. La guerra fa parte del nostro codice genetico, così come l'incessante bisogno di aiutare il prossimo, sia esso lontano o vicino. Siamo così bloccati nelle nostre dinamiche di sistema che ci siamo dimenticati che la nostra vita ha una scadenza. Per quanto l'universo sia vasto, così come la sua nascita, la nostra vita o, per meglio dire, la nostra esistenza è paragonabile a un battito di ciglia. Consideriamola mezz'ora: in una sola mezz'ora, tutta la nostra esistenza, tutta la nostra anima, la nostra coscienza, tutto il nostro spirito esiste e poi cade nell'oblio.
Mi chiedo come possiamo noi esseri umani, così evoluti e intelligenti, non rammentare che il problema non sono gli aiuti. Il problema non è la mancanza di fondi, bensì proprio gli aiuti. In Africa ne sono arrivati a centinaia, a migliaia, eppure dietro spesso, quegli scatoloni di farmaci, c'erano scatole di fucili. Prendiamo un paese a caso: Sierra Leone. Ebbene sì, quanto ci piace fare del male? Non dobbiamo dimenticare che non siamo solo fortunati, bensì privilegiati. Dobbiamo aiutarli a casa loro? Io dico che dovremmo andarcene da casa loro. Ebbene sì, affinché l'Occidente continui a sperperare, crescere e ingrassare come un porco per la porchetta, altri paesi devono patire la nostra fame. Proseguiamo, distruggiamo, facciamo finte campagne benefiche per sentirci più buoni, e nel frattempo tanti bambini muoiono, davvero tanti bambini. Ma noi cosa possiamo fare? Ah giusto, possiamo partecipare a bandi pubblici, finanziati dalla stessa UE che poi, tramite società fantasma, fa land grabbing e stupra paesaggi. Facciamo bandi per i nostri progetti, arrivano i soldi che dobbiamo giustificare per raccontare quanto il mondo faccia schifo e, nel frattempo, tu hai raccolto soldi e li hai mandati a quel volontario medico che ha deciso di dire addio alla sua famiglia per salvare la vita di un nessuno, di una persona che fa parte del grande tabellone dei morti e dei vivi.
Tu mandi quei soldi, lui fa il suo biglietto aereo, prendendo quel volo i cui rifiuti, come accade con la Ethiopian Airlines, finiscono nella discarica di Dandora, affinché altri zombie raccolgano miseria. Allora, tu hai dato quei soldi, il medico va lì, sopporta, resiste, e qualche volta viene ferito, qualche volta ucciso. Lui fa il massimo e cura una vita, e un'altra ancora, poi torna in Italia, stanco, stremato. E quel bambino che ha curato è morto, non ce l'ha fatta. È morto. Sì, allora mi domando quanto sia bellissimo e orribile essere madre. La donna è di fatto la cosa più bella che ci sia. Lei genera la vita: madre terra, madre natura, chiamatela come volete. Lei è lì, consapevole di essere nata nella parte sbagliata del mondo, mentre osserva quel figlio che non ce l'ha fatta. Allora mi chiedo: siamo o non siamo delle creature di merda noi esseri umani? Sì, facciamo schifo! Ma cosa possiamo fare?
Il nostro obiettivo è fare follower, così possiamo dire al mondo come siamo stati bravi e altruisti a documentare il miliardesimo bambino un po' nero, un po' giallo, insomma un po' diverso da noi. Perché all'occidentale piace essere il narratore, essere l'esploratore. Mi domando quanti abbiano letto Ryszard Kapuscinski. Quanti attivisti lottano e muoiono e nessuno li cita, se non in qualche testo di qualche importante testata che nessuno legge, perché ormai il mondo è audiovisivo e quindi vuole un tot di contenuti, fatti in un determinato modo, perché l'algoritmo ha detto così. Ecco, siamo questi noi esseri umani, siamo diventati schiavi del nostro stesso genio: un algoritmo. Un algoritmo dice cosa va bene e cosa no, ci dice cosa va virale e cosa no e se un bambino con le mosche fa tanti like, chi se ne frega, è africano, è nero, quindi ci piace, come se fossimo rimasti ancora alle compagnie coloniali, quando il bianco ha scoperto le Indie, il cacao e il peperoncino. L'esotico ci piace, però quando parliamo di gente che muore, ah no, sempre guerre? Sempre problemi? Se con tutti i soldi che abbiamo mandato lì li avessimo aiutati, a quest'ora il mondo sarebbe salvo. Ecco cosa si legge sui post. Ebbene, una risposta banale ma talmente ovvia che dovrebbe far riflettere, non credete? Ti chiedo scusa, lettore, mi scuso per averti disturbato. Volevo solo dirti che questo è uno dei tanti bambini che muoiono di malnutrizione in Congo e io piango e soffro, perché il mondo fa schifo.
Adesso che hai letto lo sproloquio di questo reporter scemo, ti dirai che non solo è stata una giornata di merda, ma ti sei letto anche una ramanzina di un coglione. Ognuno ha il suo lavoro, il mio è patire il tormento di un mondo che non ascolta, che è troppo preso a guardare video di carbonare online, pizze e altre cose, invece di fermarsi e dire: forse, forse è tempo di mettere la parola fine.
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